Gino Fornaciari, Valentina Giuffra, Raffaella Bianucci

SUMMARY
Identification of pathogens in ancient skeletal series: the malaria of the Medici Grand Dukes (Florence, XVI century)
The application of paleoimmunological techniques on ancient human bone tissue allowed the identification of ancient pathogens, such as malaria by Plasmodium falciparum. Until now the immunocromatographic tests were applied only on mummified muscle. In this study positive results were obtained using ancient spongy bone samples belonging to the skeletal remains of four members of the Medici family of Florence who, according to archive data, died of malaria: Eleonora di Toledo (1522-1562), Giovanni (1543-1562) and don Garzia (1547-1562), and the Grand Duke Francesco I (1531-1587). These results are of particular interest not only because they confirm the historical data, but also because they demonstrate that immunological tests can be applied to bone samples, opening new paths of research for the screening of large skeletal series.
Running title:
L’identificazione della malaria nei resti scheletrici dei Medici di Firenze
Key words: Malaria, Medici, Renaissance, bone samples

Introduzione
Negli ultimi anni gli studi di paleopatologia si sono arricchiti di una nuova possibilità diagnostica offerta dalle tecniche immunologiche applicate ai reperti umani antichi. La paleoimmunologia, che utilizza moderni tests immunocromatografici per identificare agenti patogeni antichi, è stata inizialmente applicata con successo sul tessuto muscolare di una mummia egizia, permettendo l’identificazione di antigeni del Plasmodium falciparum. Finora, per il suo alto contenuto di globuli rossi il muscolo è stato ritenuto il tessuto più idoneo per la diagnosi di malaria tramite tests paleoimmunologici1.

La stessa tecnica è stata recentemente applicata al tessuto osseo spugnoso prelevato da individui il cui decesso era attribuito, in base alle fonti storiche, a “febbre terzana”, la malaria perniciosa da P. falciparum. I documenti d’archivio attestano che alcuni membri della famiglia dei Medici di Firenze contrassero l’infezione dopo essersi recati in zone della Toscana notoriamente endemiche per la malaria. In particolare risulta che furono vittime della malattia Eleonora di Toledo (1522-1562), moglie di Cosimo I (1519-1574), primo Granduca di Toscana, i due figli cardinale Giovanni (1543-1562) e don Garzia (1547-1562), e il Granduca Francesco I (1531-1587)2. Il dato storico è stato così verificato con le moderne tecnologie biomediche, rese possibili dalle riesumazioni di questi importanti personaggi del Rinascimento italiano, avvenute nel 2004-2006 nella Basilica di San Lorenzo a Firenze3.

Fig.1 – Ritratti del Bronzino di Eleonora di Toledo, giovane e negli ultimi anni di vita: è evidente, nel secondo, l’aspetto emaciato dovuto verosimilmente alla tisi.

La malaria dei Granduchi di Firenze
Le fonti storiche, particolarmente dettagliate sulle vicende legate alla famiglia dei Medici di Firenze, costituiscono uno strumento prezioso per ricostruire lo stile di vita e le malattie che colpirono questi importanti esponenti del Rinascimento italiano. Le testimonianze scritte e i documenti d’archivio sono stati raccolti da Gaetano Pieraccini in un’opera fondamentale4, che mette a disposizione informazioni biografiche dettagliate, ed anche di carattere storico-medico, sui Granduchi e sui loro familiari.
Analizzando in dettaglio tale documentazione risulta che la malaria colpì la famiglia granducale in due momenti storici successivi, mietendo alcune  illustri vittime.
Nell’ottobre del 1562 un viaggio condotto nel grossetano da Cosimo I (1519-1574), allo scopo di controllare i lavori di bonifica, inaugurare nuove coltivazioni e promuovere la costruzione di edifici, durante il quale il Granduca non mancò di dedicarsi a battute di caccia, si concluse con la morte di ben 3 membri della famiglia. Cosimo aveva portato con sé la moglie Eleonora (Fig.1) e i tre figli adolescenti,  Giovanni, cardinale ed arcivescovo di Pisa (fig. 2), don Garzia (fig. 2) e Ferdinando. La regione lungo il corso inferiore dell’Arno e la costa era ben nota già all’epoca per essere colpita dalla “febbre terzana”, in particolare durante l’autunno, ma il parere dei medici di corte, che sconsigliarono fortemente Cosimo di intraprendere tale viaggio, non fu ascoltato.

Fig.2 – Ritratto del Cardinale Giovanni e di Don Garzia (Vasari, Palazzo Vecchio).

Dopo aver trascorso alcuni giorni impegnati in battute di caccia, dapprima nei pressi di Fucecchio e poi lungo la costa, la famiglia raggiunse Rosignano, dove il 15 novembre Giovanni, che aveva 19 anni, manifestò per primo i primi sintomi della malaria. La febbre, dapprima leggera, gli permise di raggiungere Livorno il giorno successivo, ma la partenza per Pisa, stabilita per il giorno 17, non fu possibile a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute. La violenta febbre fu infatti presto accompagnata da sintomi cerebrali, quali comportamento anormale, perdita di conoscenza e coma; i salassi a cui fu sottoposto Giovanni contribuirono certamente ad aggravare il quadro clinico, e il giovane Medici morì nella notte del 20 novembre.
Gli altri due figli di Cosimo ed Eleonora si ammalarono nei giorni successivi ma, mentre Ferdinando, dopo aver sperimentato i tipici accessi febbrili intermittenti, i quali perdurarono per circa due mesi, superò la malattia e anzi divenne anni dopo il terzo Granduca di Toscana, Garzia, che allora aveva 15 anni, cadde vittima della malattia. Ammalatosi il 18 novembre, fu colpito da febbre intermittente accompagnata da sintomi cerebrali, che tuttavia lo lasciarono lucido fino alla fine; morì il 12 dicembre, non senza aver subito anch’egli diversi salassi.
Eleonora, che aveva 40 anni ed era certamente in condizioni di salute piuttosto precarie, in quanto già intorno al 1549-1550 aveva contratto la tubercolosi, si ammalò negli stessi giorni dei due figli. In un soggetto debilitato da ben 11 gravidanze e dall’infezione tubercolare, che si manifestava con frequenti stati febbrili e una tosse persistente accompagnata da episodi di emottisi, la malaria ebbe un rapido decorso che portò Eleonora a morte il 17 dicembre.
I medici di corte diagnosticarono correttamente una febbre terzana maligna, che sappiamo essere la manifestazione clinica della malaria da Plasmodium falciparum, malattia ben conosciuta all’epoca. Anche il referto dell’autopsia effettuata sui corpi dei membri della famiglia granducale, che viene riferito dalle fonti5, depone in favore della diagnosi di malaria. Infatti, per quanto concerne Giovanni si dice che “lo sparorno et trovorno tutti gl’interiori bellissimi”, ossia non fu rilevata alcuna alterazione degli organi interni, mentre per quanto riguarda Eleonora si riferisce che “il suo male era l’esser guasto il polmone, e di lunga mano”, lesione da imputare alla patologia tubercolare6. La negatività del reperto anatomo-patologico sia in Giovanni che in Eleonora è da imputare al fatto l’infezione acuta da P. falciparum non lascia lesioni evidenti a livello macroscopico, almeno agli occhi dei medici di corte rinascimentali.

Fig.3 – Ritratto di Francesco I (Scipione Pulzone, Uffizi) (A); ritratto di Bianca Cappello (Alessandro Allori, Pinacoteca di Lucca) (B); ritratto di Ferdinando negli anni del cardinalato (scuola dell’Allori, Uffizi) (C).

La rapida successione di eventi funesti dell’autunno del 1562 diede adito ad una serie di dicerie, secondo le quali i due giovani fratelli sarebbero morti non di malattia, ma di morte violenta. Infatti fu messa in circolazione la voce che Garzia avrebbe fatalmente ferito Giovanni per futili motivi e che Cosimo, dopo aver appreso la notizia, avrebbe ucciso Garzia a seguito di un accesso di collera. Eleonora, avendo assistito all’episodio e non essendo riuscita a fermare il marito, sarebbe morta di “crepacuore” per la perdita dei due figli. La leggenda di questo dramma familiare fu sostenuta anche da alcuni studiosi7, ma le fonti storiche contemporanee e le relazioni dei medici di corte dimostrano l’infondatezza di tale diceria, come hanno ribadito autorevoli storici8.
Il secondo episodio in cui la malaria colpì la famiglia Medici si verificò nel 1587, nuovamente nel mese di ottobre, quando il Granduca Francesco I (1531-1587) (fig. 3A) e la sua seconda moglie Bianca Cappello (1548-1587) (fig. 3B) si recarono nella villa di Poggio a Caiano per dedicarsi alla caccia ai daini. Anche questa zona, che era ricca di coltivazioni di riso, era ben nota per essere endemica per la malaria.
Francesco, che aveva 46 anni, si ammalò l’8 ottobre, manifestando inizialmente vomito, accompagnato nei giorni successivi da febbre intermittente, che fu identificata dai medici di corte come una febbre terzana e curata, come usava allora, con frequenti salassi. Le condizioni di Francesco si aggravarono nei giorni 16 e 17, quando comparvero sete intensa, secchezza delle fauci, oliguria, vomito, agitazione e irrequietezza crescente; il 18 ottobre la febbre fu particolarmente violenta, accompagnata da tremore alle mani e poi a tutto il corpo. Il giorno successivo, dopo aver preso la comunione e discusso con il fratello Ferdinando (fig. 3C) di importanti affari, il Granduca perse la parola e la coscienza, finché non sopraggiunse la morte.
Bianca Cappello, che aveva 39 anni, si ammalò negli stessi giorni del marito e manifestò gli stessi sintomi, tanto che morì un giorno dopo Francesco, il 20 ottobre.
I medici di corte effettuarono l’autopsia sui corpi dei due coniugi, la quale rivelò solamente lesioni imputabili alla decomposizione cadaverica, “durezza del fegato e corruzione dei polmoni” nel caso di Francesco, e congestione dei polmoni nel caso di Bianca.
Similmente a quanto era accaduto per la famiglia di Cosimo, la repentina e quasi simultanea morte della coppia granducale diede adito ad una serie di voci, secondo le quali il cardinale Ferdinando, fratello del Granduca, avrebbe assassinato Francesco e  Bianca avvelenandoli con l’arsenico, ipotesi ripresa purtroppo anche di recente da alcuni ricercatori fiorentini9. Queste voci facevano leva sui dissapori esistenti tra i due fratelli, a causa della condotta poco decorosa di Francesco e soprattutto alle sue debolezze verso Bianca, la cui presenza a corte era mal tollerata da Ferdinando. Tuttavia questa leggenda appare smentita non solo dalle fonti storiche, secondo le quali poco prima della morte Francesco e Ferdinando si sarebbero incontrati a Poggio a Caiano per riconciliarsi, ma anche dalla sintomatologia, descritta in dettaglio dai medici di corte, la quale si accorda perfettamente con un’infezione da malaria acuta e non con un avvelenamento da arsenico. Infatti se i sintomi gastrointestinali presentati da Francesco nei giorni precedenti al morte, quali vomito incoercibile, intensa sete e secchezza delle fauci, possono essere associati sia all’avvelenamento acuto da arsenico che all’infezione da P. falciparum10, la febbre intermittente è un sintomo classico della malaria, mentre è assente nei casi di avvelenamento.

I risultati delle analisi paleoimmunologiche
A seguito delle esplorazioni delle tombe granducali, nelle Cappelle Medicee della Basilica di San Lorenzo a Firenze, condotte nell’ambito del “Progetto Medici” (2004-2007), sono stati riesumati i resti scheletrici di 20 individui (fig. 4), che sono stai sottoposti ad un accurato studio antropologico e paleopatologico.
Successivamente è stato deciso di sottoporre a test immunocromatografici campioni ossei appartenenti agli individui che, secondo le fonti storiche, erano deceduti in seguito ad un’infezione acuta di malaria da P. falciparum, allo scopo di testare l’efficacia del metodo anche su tessuto osseo spugnoso, in quanto teoricamente ricchissimo di eritrociti e di eritroblasti, e di verificare contemporaneamente il dato storico.

Fig.4 – La cassetta di zinco contenente i resti di Francesco I al momento dell’esumazione (marzo 2005) (A); il cranio di Francesco dopo l’apertura (B).

Estratti di campioni di osso spugnoso di Giovanni (MED 3), Garzia (MED 4), Eleonora (MED 5) e Francesco (MED 11) sono stati sottoposti ad indagine immunologica; non è stato possibile sottoporre ad analisi campioni di Bianca Cappello, in quanto non è noto il luogo in cui è stata sepolta.
Per effettuare queste analisi sono stati utilizzati due diversi kit, che verificano la presenza di due proteine specifiche del Plasmodium falciparum, la proteina di tipo 2 ricca in istidina (P.f. HRP-2) e la lattato deidrogenasi (P.f.LDH). I due metodi qualitativi di determinazione tramite anticorpi a elevata sensibilità sono il Malaria Antigen RAPYDTEST®11 e il MalariaDetect™ RAPYDTEST® (DiaSys, Connecticut, USA)12. Quest’ultimo test viene correntemente utilizzato per la diagnosi differenziale fra il P. falciparum e le altre tre specie di Plasmodium (P. vivax, P. ovale e P. malariae). Gli anticorpi monoclonali impiegati in test rapidi sono stati ampiamente testati per cross-reazioni da altri protozoi come Leishmania, Babesia nonché funghi e batteri patogeni. Non è stata dimostrata alcuna cross-reattività13.
Come controlli negativi interni sono stati utilizzati campioni ossei di Cosimo I (MED 6), che secondo le fonti sarebbe morto di polmonite, e di Giovanna d’Austria (MED 8), morta di parto, mentre come controlli negativi esterni sono stati selezionati due campioni provenienti da siti medievali tedeschi e francesi, notoriamente non malarici.
I risultati sono stati positivi per tutti e 4 i campioni analizzati, avendo accertato la presenza della proteina di tipo 2 ricca in istidina di P. falciparum e dellalattato deidrogenasi di P. falciparum nel tessuto osseo spugnoso di Giovanni, Garzia, Eleonora e Francesco14. Tutti i campioni di controllo utilizzato hanno fornito risultati negativi (fig. 5).
In conclusione, le più moderne tecnologie biomediche applicate a campioni antichi hanno permesso di confermare il dato desunto dalle fonti storiche, accertando che la morte di questi 4 membri della famiglia Medici è avvenuta a seguito di un attacco acuto di malaria da P. falciparum, permettendo così di escludere qualsiasi altra speculazione sorta intorno a tali luttuose vicende.
Inoltre, i risultati di questo studio hanno dimostrato l’efficacia del metodo, che era stato applicato fino ad ora soltanto su tessuto muscolare mummificato, anche su campioni ossei antichi.
L’interesse del metodo risiede inoltre nella possibilità reale di poter identificare, rapidamente e con costi limitati, proteine di P. falciparum in serie scheletriche numerose, permettendo così di effettuare screening di ampia portata, che potranno fornire dati sull’incidenza e sulla distribuzione di una malattia che per secoli è stata endemica in molte zone della penisola italiana.

Fig.5 – Risultati dei tests immonologici. Risposta immunologica alla malaria da P. falciparum tramite MalariaDetect™ RAPYDTEST®: da sinistra a destra, identificazione della lattato deidrogenasi nei resti ossei del Cardinale Giovanni (MED3), don Garzia (MED4), Eleonora di Toledo (MED5) e Francesco I (MED11) (A); risposta immunologica alla malaria da P. falciparum tramite Malaria Antigen RAPYDTEST®: da sinistra a destra, linea positiva in un siero di malato moderno, identificazione positiva della proteina di tipo 2 ricca in istidina nei resti ossei di Francesco I (MED 11), risultato negativo di Giovanna d’Austria (MED 8) e del campione di controllo negativo medievale francese (B); risposta immunologica alla malaria da P. falciparum tramite Malaria Antigen RAPYDTEST®: da sinistra a destra, linea positiva in un siero di malato moderno e identificazione positiva della proteina di tipo 2 ricca in istidina nei resti ossei del Cardinale Giovanni (MED3), don Garzia (MED4), Eleonora di Toledo (MED5) e risultato negativo del campione di controllo medievale francese (C).

 

BIBLIOGRAFIA E NOTE

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