Rassegna Stampa
Notiziarioitaliano.it (17/12/2012)
Svelato il mistero di Ilaria Del Carretto
La nobile del monumento funebre di Jacopo Della Quercia sarebbe sepolta nella chiesa di Santa Lucia
Sarà anche vero che Paolo Guinigi, signore della Lucca quattrocentesca, alla morte della seconda moglie, Ilaria Del Carretto «fè magnificamente quello che a ogni grandonna o signore si convenisse, così di messe, orazione, vigilie, vestimenti, drappi…», come racconta Giovanni Sercambi nelle sue Croniche. La verità è che Ilaria, resa immortale dal monumento funebre di Jacopo Della Quercia che accoglie i visitatori nel Duomo di Lucca, in quella magnifica tomba non è mai stata sepolta. Che fine avessero fatto le spoglie mortali, era rimasto un mistero, risolto ora dalla Soprintendenza archeologica della Toscana. Quello che si ritiene il corpo della giovane, nata nel 1379 dal conte di Zuccarello (Savona) e morta di parto a 26 anni nel 1405, è stato ritrovato nella chiesa di Santa Lucia del complesso di San Francesco, a Lucca.
Il monumento funebre a Ilaria Del Carretto conservato nel Duomo di Lucca
Per capire come si sia arrivati a identificarla bisogna tornare al 2010, quando Giulio Ciampoltrini, l’archeologo responsabile degli scavi di San Francesco, condotti grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio, guida la sua équipe dentro Santa Lucia. A Lucca la conoscono come «cappella Guinigi» dalla famiglia che l’aveva voluta e che al suo interno, in due arche funerarie, aveva sepolto generazioni di discendenti, i maschi da una parte, le femmine nel cassone accanto. Ne hanno trovati 48, tutti insieme, secondo l’uso medievale. Ma a lato di queste arche, c’erano anche tre sepolture singole. Gli scheletri non potevano che essere stati personaggi di rango, tanto da averli preservati al destino di confondersi con gli altri. Uno di questi scheletri portava un anello d’oro con diamante e la salma doveva avere in mano una bolla papale, che il tempo ha distrutto, lasciando però in bella vista il sigillo di Papa Martino V (pontefice dal 1417 al 1431). Elementi che, uniti alla datazione con il carbonio 14, hanno permesso di identificarla con Jacopa Trinci, dei signori di Foligno, che sposò Paolo Guinigi nel 1420 e morì nel 1422. L’emozione di quella scoperta possiamo vederla tutti, c’è un filmato su YouTube (basta cercare «L’impresa del diamante»).
Ma se quella era Jacopa Trinci, perché non immaginare che gli altri due scheletri potessero essere i resti delle altre mogli del signore lucchese? È qui che gli archeologi hanno chiesto aiuto al professor Gino Fornaciari della Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa. Modernissime ricerche hanno confermato l’identificazione di Jacopa Trinci, mentre le ossa della terza tomba sono di «un’adolescente di un’età tra i 12 e i 16 anni», proprio come la prima moglie di Paolo Guinigi, Maria Caterina degli Antelminelli che morì appunto a 12 anni, nel 1400, durante un’epidemia di peste. E infine la tomba numero 1: lo scheletro di una donna adulta «di corporatura piuttosto gracile, di un’età antropologica tra i 20 e i 27 anni e una statura di circa 158 cm» il cui «profilo paleo nutrizionale » indica un tipo di alimentazione molto diversa da quella dei Guinigi, mentre l’isotopo dei denti «suggerisce un’origine non lucchese». Ilaria Del Carretto veniva da Savona e visse a Lucca solo due anni, dal giorno delle nozze, celebrate il 3 febbraio 1403.
Gli studi a Pisa e gli scavi a Lucca vanno avanti a cercare nuove conferme e Giulio Ciampoltrini certo non ama i sensazionalismi: i risultati del lavoro occupano 30 gigabyte sul suo computer e in un articolo non ci stanno. «Il nostro scopo— ripete —è trovare elementi che ci consentano di capire meglio la cultura e la società lucchese del ’400». Ma il monumento funebre scolpito da Jacopo Della Quercia ancora oggi commuove con quel piccolo cane ai piedi di Ilaria, che la guarda come a chiederle perché non possa più accarezzarlo. Resta l’emozione: dopo 600 anni quella tomba ha trovato il corpo per cui fu scolpita.
Paolo Fallai
Libero (18/12/2012)
Storia: scoperta la tomba di Ilaria del Carretto in cappella Lucca
Sono stati ritrovati i resti della marchesa Ilaria del Carretto (1379-1405), rinvenuti dai paleopatologi dell’Universita’ di Pisa nella Cappella di Santa Lucia a Lucca, annessa al complesso di San Francesco, utilizzata come cappella privata e funeraria dalla famiglia Guinigi. La nobildonna, seconda delle quattro mogli di Paolo Guinigi, signore di Lucca tra il 1400 e il 1430, e’ passata alla storia per il celebre monumento funebre a lei dedicato, opera di Jacopo della Quercia nella Cattedrale di San Martino a Lucca.
In una delle tre tombe femminili portate alla luce, e’ stato scoperto lo scheletro di una donna adulta di corporatura piuttosto gracile, di un’eta’ antropologica compresa tra i 20 ed i 27 anni ed una statura di circa 158 cm, con alcune alterazioni scheletriche (probabile sublussazione della testa del femore destro, asimmetria vertebrale da possibile scoliosi, esiti di frattura della clavicola destra). Il profilo isotopico paleonutrizionale indica un tipo di alimentazione molto diversa da quella dei Guinigi, mentre l’isotopo 18O dei denti suggerisce un’origine non lucchese. Quindi, potrebbe trattarsi sia di Piagentina dei Varano (morta 1416), dei signori di Camerino, che di Ilaria del Carretto, proveniente dal castello di Zuccarello (Savona).
Pero’, mentre Piagentina visse a Lucca per circa 9 anni e il suo profilo isotopico alimentare, in base al turnover osseo, doveva essersi uniformato a quello dei Guinigi, Ilaria mori’ a meno di 2 anni dal matrimonio, mantenendo il profilo isotopico originale, diverso da quello dei Guinigi. E’ quindi molto probabile, si legge nel rapporto dei ricercatori pisani, che i resti della tomba siano da attribuire a Ilaria del Carretto, benche’ ulteriori accertamenti siano indispensabili per avere la sicurezza dell’attribuzione.
La Gazzetta di Lucca (18/12/2012)
Scoperte archeologiche in S. Francesco: ritrovati i resti di Ilaria del Carretto
I resti di Ilaria del Carretto? Potrebbero essere quelli ritrovati nella cappella di Santa Lucia. Insieme a quelli delle altre mogli di Paolo Guinigi, signore di Lucca. Il restauro ed il recupero funzionale del complesso di San Francesco, condotti dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, hanno portato ad importanti scoperte. Permettendo di approfondire le vicende architettoniche dell’area, dalla fondazione, tra il 1225 ed il 1240, sino alla costruzione della caserma ottocentesca. E portando alla luce manufatti e sepolture. Compresi i, presunti, resti di Ilaria.
Santa Lucia, all’epoca dei signori Guinigi, era una cappella privata e funeraria. Durante i recenti lavori di ristrutturazione, tra 2010 e 2012, sono stati ritrovati tre sepolture in connessione, riferibili alla prima metà del ‘400. Ed i resti di una tomba plurima a cassone in muratura. Utilizzata dai Giunigi come sepoltura di famiglia, dal XIV al XVII secolo. Nel “cassone nord” gli archeologi, della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, hanno rinvenuto i resti scheletrici di almeno 48 individui. Molti morti in età giovanile, fatto “del tutto normale per la popolazione, pre- industriale, dell’epoca”, spiega il prof. Gino Fornaciari, direttore scientifico del progetto. Tutti presentano un anomalo 64,3 per cento di carie dentaria. Forse i Guinigi erano predisposti alla malattia.
L’evento straordinario è il ritrovamento delle altre tombe. All’interno, i resti di tre donne. Su di essi sono stati condotte indagini isotopiche. La prima è una donna tra i 22 ed i 30 anni, alta per l’epoca, di circa 167 cm. Sembra non essere di origine lucchese. Al dito della sua mano sinistra porta un anello d’oro. Accanto a lei una bolla papale di papa Martino V. Potrebbe trattarsi di Jacopa Trinci di Foligno, sposa di Paolo Guinigi tra il 1420 ed il 1422. La seconda donna sembra essere Maria Caterina degli Antelminelli, la prima moglie, che morì a 12 anni. Gli studi sul corpo indicano proprio un’età tra i 12 e 16 anni. Oltre ad un’origine lucchese. Infine, l’ultima tomba è quella di una donna minuta, 158 cm, tra i 20 e i 27 anni, con leggera scoliosi. L’origine non sembra lucchese. Potrebbe trattarsi di Piagentina dei Varano, altra moglie di Paolo. Però ella visse a Lucca per 9 anni, quindi la sua dieta dovrebbe risultare uniformata a quella lucchese. La donna in Santa Lucia, invece, ha un profilo alimentare non ancora uniformato. Ilaria del Carretto, di Zuccarello, morì a meno di due anni dal matrimonio con Paolo. E’ molto probabile si tratti dei suoi resti, ma occorrono altri accertamenti. Inoltr, devono ancora essere studiati gli scheletri del “cassone sud” e di un ossario. Mancherebbe all’appello proprio Piagentina dei Varano.
Prof. Ciampoltrini, responsabile dello scavo, esprime la sua gratitudine verso la Fondazione CR, che sta permettendo il recupero dell’area di San Francesco. “Donandole una terza vita- dichiara Ciampoltrini, dopo gli splendori – del ‘500, ‘600 e ‘700 lucchese”. Da parte sua e dei vertici della Fondazione vi è l’auspicio che in futuro, completati gli studi, il pubblico possa ammirare i materiali ritrovati con gli scavi. Magari proprio in San Francesco, creando un “piccolo museo”. Resta l’unicità della posizione delle tre donne. Accanto al cassone, non all’interno, come gli altri Guinigi. Forse le sepolture erano temporanee in attesa della traslazione in un eventuale monumento pubblico? E’ solo un’ipotesi, a tempo debito anche la verità verrà riportata alla luce.
Il Tirreno (19/12/2012)
Dai denti e dalle ossa la scoperta che i resti sono quelli di Ilaria
Ecco come gli studiosi sono arrivati all’identificazione Ora è possibile l’esame del dna su un discendente
LUCCA. I denti e le ossa, prima di tutto, da cui si può risalire alla provenienza geografica e alle abitudini alimentari. E poi il confronto con altre sepolture, l’analisi delle suppellettili, i riscontri storici: insomma un’indagine accurata, con gli strumenti dell’antropologia forense.
C’è questo grande lavoro di ricerca – che prosegue tuttora – dietro all’attribuzione dei resti a Ilaria del Carretto. Le ossa che gli esperti sostengono essere della seconda moglie di Paolo Guinigi, morta di parto nel 1405 e resa immortale dal monumento funebre di Jacopo della Quercia, sono state trovate nella Cappella Guinigi, alcuni mesi fa, durante gli scavi preliminari ai lavori di ristrutturazione del complesso monumentale di San Francesco, cui la Cappella è annessa.
Nell’occasione vennero alla luce tre tombe femminili, in terra, oltre ad una serie di sepolture di circa 50 individui, tutti appartenenti alla famiglia Guinigi che nella Cappella seppellì i suoi morti dal 1300 inoltrato fino alla prima metà del XVII secolo. Il direttore degli scavi, Giulio Ciampoltrini della Soprintendenza archeologica, capì immediatamente che doveva trattarsi di qualcosa di straordinario e che le tre tombe potevano essere quelle di tre delle quattro mogli di Paolo Guinigi. Ma occorreva una ricerca mirata.
«Occorreva mettere in atto – dice Ciampoltrini – gli strumenti della moderna antropologia forense, con raffinate metodiche di ricerca che avrebbero potuto portare a identificare, seppure sempre con il necessario margine di probabilità , le tre defunte». E qui è entrato in azione il professor Gino Fornaciari con la sua equipe di antropologi e paleopatologi dell’università di Pisa, già autori di ricerche simili relative ai Granduchi dei Medici di Firenze, ai Della Rovere di Urbino e ai sovrani aragonesi di Napoli. Studiando i denti, che permettono di ricostruire la provenienza geografica, e le ossa, da cui si possono capire le abitudini alimentari, è arrivato a decifrare l’identità delle tre donne, fornendo anche molti particolari su di loro. Ilaria, collocata nella prima tomba, era gracile, alta circa 158 centimetri, affetta da scoliosi e da una sublussazione dell’anca destra «che – sottolinea Fornaciari – l’avrebbe sicuramente fatta soffrire da vecchia».
Inoltre aveva la clavicola destra fratturata «forse – puntualizza il professore – in seguito al parto». Il suo profilo paleonutrizionale indica un’alimentazione diversa da quella dei Guinigi, così come l’analisi dei denti suggerisce un origine non lucchese (infatti era di Zuccarello, in provincia di Savona). La seconda donna è Caterina Antelminelli, la prima moglie di Paolo Guinigi, morta di peste nel 1400 a 12 anni: alta per l’età e per l’epoca – 167 centimetri – sicuramente lucchese. Infine c’è Jacopa Trinci, la quarta consorte, deceduta nel 1422: decisamente alta (167 centimetri), anche per lei origini straniere (era di Foligno), aveva tra le dita un anello nuziale e una bolla papale di Martino V, regnante dal 1417 al 1431.
Secondo il professore – che ha presentato gli esiti della ricerca nella sede della Fondazione Cassa di Risparmio, proprietaria del San Francesco e finanziatrice di tutti gli scavi e dello stessa ricerca – l’attribuzione delle ossa a Ilaria è quasi sicura. La certezza matematica potrebbe arrivare dall’esame del Dna di un discendente: il nipote Paolo di Campofregoso, figlio di Ilaria minor, la secondogenita per cui Ilaria morì. Doge di Genova e cardinale, Campofregoso è sepolto nella basilica dei SS. Apostoli a Roma.
Per l’esumazione sarebbe necessaria l’autorizzazione vaticana e il professor Fornaciari sa che non è facile. Vede più fattibili, invece, ulteriori accertamenti che, peraltro, costituiscono un approfondimento di quanto ha già sperimentato finora. Si tratta di esami più specifici sui denti e sulle ossa, con campionature nelle acque di Zuccarello per scoprire la concentrazione di valori e confrontarli poi con quelli contenuti nello smalto dei denti.
Lo Schermo (18/12/2012)
Ilaria Del Carretto si svela assieme alle sepolture dei Guinigi
E’ una donna adulta, di corporatura piuttosto gracile, di età fra i 20 e i 27 anni, di statura intorno a 1 metro e 58 e affetta da una lieve forma di scoliosi. Così si presenta lo scheletro di Ilaria del Carretto, universalmente conosciuta in quanto modello per il capolavoro di Jacopo della Quercia, ossia uno dei monumenti funebri più importanti del Quattrocento italiano. Certo, va detto che l’identificazione dello scheletro della nobildonna – e degli altri due rinvenuti assieme a lei – è del tutto ipotetica, visto che l’unica procedura che può identificare con certezza lo scheletro di Ilaria è il confronto genetico con un consanguineo, cosa che non è ancora stata fatta, ma la Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa sta nel frattempo conducendo sotto la direzione scientifica del professor Gino Fornaciari, con il finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e in accordo con la Soprintendenza Archeologica per la Toscana, lo studio antropologico e paleopatologico completo delle sepolture ritrovate nella Cappella di Santa Lucia, annessa al complesso di San Francesco, utilizzata come cappella privata e funeraria dalla famiglia Guinigi.
Il progetto di studio, che segue il modello ormai collaudato per le serie dei Granduchi dei Medici di Firenze, dei della Rovere di Urbino e dei sovrani aragonesi di Napoli, ha già permesso di ottenere informazioni nuove sull’aspetto fisico, sullo stile di vita e sulle malattie degli esponenti di questa importante famiglia lucchese. Al momento attuale delle ricerche, sono state studiate tre sepolture in connessione, archeologicamente riferibili alla fase della prima metà del ‘400, e i resti scheletrici di una tomba plurima a cassone in muratura, utilizzata dai Guinigi come sepoltura di famiglia dal XIV secolo alla prima metà del XVII secolo. Nella tomba a cassone sono stati rinvenuti i resti scheletrici, non in connessione, di almeno 48 individui: 17 di sesso femminile, 11 di sesso maschile e 20 di sesso non determinabile. Sono presenti anche 5 bambini di età inferiore ai 13 anni e 4 adolescenti tra i 13 ei 19 anni, mentre 14 individui risultano deceduti tra i 20 e i 29 anni, 3 tra i 30 e i 39, 8 tra i 40 e i 49 ed un solo individuo ha superato i 50 anni. Si tratta di un profilo demografico con un’elevata mortalità giovanile, da ritenere comunque in armonia con un campione di popolazione pre-industriale. L’analisi paleonutrizionale isotopica degli individui della tomba a cassone, effettuata dal Centro di Ricerche Isotopiche per i Beni Culturali e Ambientali della seconda università di Napoli, ha rivelato un’alimentazione particolarmente ricca di proteine di origine animale, molto simile a quella dei Medici di Firenze e degli Aragonesi di Napoli. L’altissima incidenza di carie dentaria (64,3% dei denti), superiore a tutte le serie coeve di confronto, depone fortemente non solo per una dieta ricca di zuccheri cariogeni raffinati, ma anche per una predisposizione familiare alla malattia.
Particolarmente interessanti sono risultate le tre tombe femminili.
Jacopa Trinci (tomba 3)
Si tratta di una donna adulta di corporatura massiccia, ma con inserzioni muscolari poco sviluppate, di un’età antropologica compresa tra i 22 ed i 30 anni ed una statura di circa 167 cm, il cui bacino rivela pochi parti. Il profilo isotopico paleonutrizionale (15N e 13C) indica un tipo di alimentazione molto diversa da quella dei Guinigi del Cassone Nord, mentre l’isotopo 18O dei denti suggerisce un’origine non lucchese. Poiché a corredo della sepoltura è stata rinvenuta una bolla papale di Martino V, che regnò tra il 1417 ed il 1431, i resti scheletrici dovrebbero essere quelli di Jacopa Trinci, dei signori di Foligno, che sposò Paolo Guinigi nel 1420 e morì nel 1422, dopo la seconda gravidanza, dopo aver partorito una bambina.
Maria Caterina degli Antelminelli (tomba 2)
Si tratta di un’adolescente di un’età antropologica compresa tra i 12 ed i 16 anni ed una statura di circa 160 cm. Il profilo isotopico paleonutrizionale (15N e 13C) indica un tipo di alimentazione uguale a quella dei Guinigi del Cassone Nord, mentre l’isotopo 18O dei denti ne suggerisce l’origine lucchese. I dati ottenuti indicano una possibile identificazione con la prima moglie di Paolo Guinigi, Maria Caterina degli Antelminelli (+1400) che, in base ai documenti, morì proprio attorno ai 12 anni di età , forse di peste, la cui eventuale diagnosi sarà possibile con tecniche paleo-immunologiche e molecolari
Ilaria del Carretto (tomba 1)
Si tratta di una donna adulta di corporatura piuttosto gracile, di un’età antropologica compresa tra i 20 ed i 27 anni ed una statura di circa 158 cm, con alcune alterazioni scheletriche (probabile sublussazione della testa del femore destro, asimmetria vertebrale da possibile scoliosi, esiti di frattura della clavicola destra). Il profilo isotopico paleonutrizionale (15N e 13C) indica un tipo di alimentazione molto diversa da quella dei Guinigi del Cassone Nord, mentre l’isotopo 18O dei denti suggerisce un’origine non lucchese. Quindi, potrebbe trattarsi sia di Piagentina dei Varano (+1416), dei signori di Camerino, che di Ilaria del Carretto (1379-1405), proveniente dal castello di Zuccarello (Savona). Però, mentre Piagentina visse a Lucca per circa 9 anni e il suo profilo isotopico alimentare, in base al turnover osseo, doveva essersi uniformato a quello dei Guinigi, Ilaria morì a meno di 2 anni dal matrimonio, mantenendo il profilo isotopico originale, diverso da quello dei Guinigi, come nell’individuo in studio. E’ quindi molto probabile che i resti della Tomba 1 siano da attribuire ad Ilaria del Carretto, benché ulteriori accertamenti siano indispensabili per avere la sicurezza dell’attribuzione. Infatti la certezza potrebbe essere ottenuta attraverso ulteriori approfondimenti isotopici e molecolari. Per quanto riguarda gli isotopi dell’ossigeno è necessario conoscere la concentrazione del 18O nelle acque di Zuccarello (dove è nata e vissuta Ilaria, prima del matrimonio con Paolo Guinigi) all’epoca di Ilaria. Ciò potrebbe essere effettuato analizzando campioni ossei umani o animali coevi provenienti da Zuccarello. Un’altra indagine potrebbe essere quella del DNA mitocondriale in qualche discendente di Ilaria della linea materna, alcuni dei quali già individuati ma di difficoltoso reperimento.
Restano ancora da sottoporre ad analisi antropologica e paleopatologica i resti scheletrici provenienti dal Cassone Sud e parte di quelli provenienti da un ossario.
Il restauro e il recupero funzionale del complesso di San Francesco in Lucca, condotto direttamente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, ha compreso un’intensa attività archeologica, diagnostica e contestuale ai lavori, che ha condotto all’esplorazione stratigrafica pressoché integrale dell’intera area e all’acquisizione di un’imponente massa di informazioni sulle vicende architettoniche del monumento e sulla vita quotidiana nell’istituzione francescana, dagli anni della fondazione, intorno al 1225-1240, sino alle vicende della caserma ottocentesca.
Lo scavo è stato diretto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, nella figura del responsabile del procedimento dottor Giulio Ciampoltrini, e ha visto l’impegno, fra 2010 e 2012, di Elisabetta Abela, Serena Cenni, Maila Franceschini,Elena Genovesi, Alessandro Giannoni, Irene Monacci, Silvia Nutini, Kizzy Rovella, con le maestranze dell’impresa Giunta Sauro. La disponibilità della Fondazione – anche nella persona del tecnico Franco Mungai – è stata preziosa per consentire all’indagine di scavo di assumere le dimensioni e lo sviluppo imposte da esigenze scientifiche.
Proprie queste hanno portato allo scavo integrale della chiesa di Santa Lucia, nota come ‘cappella Guinigi’, fondata – stando ai documenti scritti ed epigrafici – da Francesco Guinigi nel 1354, e del sepolcreto della famiglia. Lo scavo ha rivelato una complessa storia due- e trecentesca dell’area, chiusa infine dalla costruzione della chiesa e dalla realizzazione di un pavimento che organicamente accoglieva le lastre di copertura, con stemma Guinigi e iscrizione, della tombe collettive destinate al ramo maschile e a quello femminile della famiglia. È questa un tipico esempio di ‘avello’ tardomedievale, più volte rimaneggiato, come ripetutamente rimaneggiati erano i resti dei defunti, sepolti secondo un rituale che lo scavo ha permesso di cogleiere anche nelle realizzazioni architettoniche.
All’esterno della tomba gentilizia, lo scavo ha portato in luce tre deposizioni, femminili, parallele alla struttura: due a nord (tombe 1 e 3), la terza a sud (tomba 2). Non sono state rilevate tracce di altre tombe, né di esumazioni.
La defunta collocata nella tomba meridionale (tomba 2) aveva ancora al dito della sinistra un anello d’oro con decorazione floreale e diamante ottaedro riferibile ai tipi in voga nel corso del Quattrocento, e la datazione era confermata dal sigillo in piombo appeso alla pergamena collocata in corrispondenza della stessa mano sinistra: un piombo papale, al nome di Martino V (1417-1431).
Giacché i documenti sulla cappella, recentemente passati in rassegna dal Donati nel volume edito per le cure della Fondazione (Il complesso conventuale di San Francesco in Lucca, a cura di M.T. Filieri e G. Ciampoltrini, Lucca 2009) confermano che la chiesa accolse le salme delle mogli di Paolo Guinigi, nei primi decenni del Quattrocento, e giacché la costruzione del monumento funebre per la seconda, Ilaria del Carretto, nel San Martino, invitava a sospettare che le esigenze di celebrazione di Paolo prevedessero una collocazione non strettamente gentilizia, ma ‘pubblica’, delle tombe delle consorti, e quindi dissuadessero dal collocare le coniugi nel sepolcreto familiare, ‘collettivo’, e a preferire tombe individuarli, in fossa terragna, per rendere più agevole la riesumazione, si affacciò immediatamente la possibilità che le tre donne fossero da identificare con altrettante coniugi di Paolo Guinigi.
A questo punto occorreva mettere in atto gli strumenti della moderna ‘antropologia forense’, con le raffinate metodiche di ricerca che possono portare a identificare – seppur sempre con il necessario margine di probabilità – le tre defunte.
Lucca in Diretta (18/12/2012)
Ilaria del Carretto, i resti mortali svelano i suoi segreti
Jacopo della Quercia l’ha resa immortale nel marmo, scolpendo il monumento funebre famoso in tutto il mondo ed eternando i caratteri fisici della moglie di Paolo Guinigi, signore di Lucca, in una bellezza angelica e composta: colta nel momento in cui la fisicità e l’anima abbracciano nella grazia la pace della morte. Una immagine che nessuno agli occhi dei lucchesi e del mondo intero potrà forse mai cambiare, ma i resti mortali della nobildonna proveniente dal castello di Zuccarello a Savona ne restituiscono un ritratto per certi versi molto dissimile. L’aristocratica, ormai simbolo romantico nell’immaginario collettivo della vita alla corte dei Guinigi, era piuttosto bassa e aveva una leggera scoliosi, già marcata nonostante la giovane età . Morta nel 1405, a meno di due anni dal matrimonio, Ilaria non si era ancora integrata nella vita di palazzo a Lucca. Anche le sue abitudini alimentari – confermano le analisi degli studiosi – erano molto diverse da quelle dei Guinigi: la nobildonna poi soffriva di problemi all’anca destra a causa di una sublussazione al femore che dava forse alla sua camminata un leggero slancio in avanti.
L’attribuzione dello scheletro rinvenuto dal team di archeologi della Sovrintendenza guidati dal professor Giulio Ciampoltrini negli scavi della cappella Santa Lucia, nel complesso di San Francesco, è ormai praticamente certa. Il professore di storia della medicina dell’Università di Pisa, Gino Fornaciari, ne è convinto: mancano soltanto alcune analisi per giungere alla certezza definitiva. Le conferme dovranno arrivare dall’analisi dell’isotopo dell’ossigeno presente nella acque di Zuccarello dove Ilaria è vissuta prima del matrimonio con Paolo e dai riscontri con il Dna del nipote Paolo di Campofregoso, doge di Genova per quattro volte e poi cardinale, seppellito a Roma nella Cappella dei Santissimi Apostoli. La sepoltura di Ilaria è stata rinvenuta alla destra della tomba a cassone dei Guinigi, assieme ad altre tre mogli di Paolo: Jacopa Trinci, dei signori di Foligno, che sposò Paolo nel 1420 e morì nel 1422, dopo la seconda gravidanza, dopo aver partorito una bambina; e la prima moglie, Maria Caterina degli Antelminelli, che in base ai documenti morì, forse di peste, all’età di 12 anni. Mentre l’identificazione dei loro resti è considerata certa sopra ogni ombra di dubbio, sul presunto scheletro di Ilaria andranno fatti altri accertamenti. Accanto a queste sensazionali scoperte ne sono state fatte altre che gettano nuova luce sulla vita di palazzo e sulla famiglia dei signori di Lucca. Per l’identificazione di Jacopa Trinci, infatti, oltre alle verifiche isotopiche è stato fondamentale il ritrovamento di un anello nuziale al dito della donna e una bolla papale di Martino V che regnò dal 1417 al 1430. Documenti di valore storico e artistico inestimabile che saranno collocati nell’area museale che si realizza nell’ambito del restauro del Complesso di San Francesco e che, grazie all’impegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, sarà inaugurato nel giugno 2013.
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