da “Repubblica”, Cronaca di Firenze, del 6 marzo 2008
di Paolo Galluzzi
Caro Odifreddi, ho letto su ォLa Repubblicaï½» le tue considerazioni sull’ipotesi di riesumazione delle spoglie di Galileo. Condivido che di Galileo vadano valorizzate soprattutto le idee (che il fine come spero vorrai riconoscere che perseguo da sempre). Mi ha stupito tuttavia che tu non abbia avvertito il bisogno di verificare quali ragioni mi avevano indotto ad avanzare la richiesta di riesumazione.
Non certo il desiderio di accaparrarmi un brandello della sua veste, n tanto meno un lacerto delle sue spoglie (peraltro, il Museo che dirigo conserva gi un significativo reperto organico del Pisano!), bens motivazioni umane e soprattutto scientifiche di notevole rilevanza.
Ho l’impressione che il tuo intervento finisca per dare sostegno a un atteggiamento di pregiudiziale opposizione alla richiesta di riesumazione che prescinde dalle precise motivazioni da me fornite. Il Rettore dell’Opera di Santa Croce bont sua si addirittura permesso di definire la mia proposta come una ォcarnevalataï½». Curiosamente sembra che gli sia sfuggito l’effetto paradossale prodotto da quella sua incauta affermazione nel giorno stesso nel quale la stampa dava grande rilievo a un’altra riesumazione alla quale si stava procedendo con adeguata solennit (mi riferisco alla riesumazione dei resti del personaggio al quale tu hai dedicato pagine di straordinaria efficacia).
Per tentare di rimuovere il sospetto che il progetto della riesumazione nasconda la mia malcelata inclinazione alla necrofilia, ti invito a leggere un mio vecchio lavoro (I sepolcri di Galileo. Le spoglie ‘vive’ di un eroe della scienza)dal quale risulta con lampante evidenza una delle ragioni della richiesta: acquisire la prova certa che, nel monumento di S. Croce, assieme a Galileo, si trovano i resti mortali della sua amatissima figlia, Suor Maria Celeste, della quale ignoriamo la sepoltura. Un atto di caritBAD+E02C laica e cristiana, nei confronti di una figura di grande umanit alla quale Dava Sobel ha dedicato un bel libro di successo. La seconda ragione rispecchia una richiesta di importanti studiosi inglesi e americani: verificare, attraverso l’analisi del DNA, la patologia visiva della quale soffriva Galileo. Una risposta precisa a questo interrogativo costituirebbe un’informazione essenziale per la nostra piena comprensione della complessa interazione che si verific tra il cannocchiale, da un lato, e l’occhio e il cervello di Galileo, dall’altro, nel processo di osservazione dei corpi celesti che lo port a scoprire novit sensazionali.
Almeno per una volta, dunque, mi trovo in disaccordo con te, pur condividendo l’opportunit di conferire centralit alla diffusione delle idee di Galileo. Un obbiettivo che va perseguito caparbiamente non solo con festival e interviste impossibili, ma anche alimentando rigorosi processi di ricerca storica. Che appunto quello che la riesumazione delle spoglie di Galileo ci aiuterebbe a fare in maniera pi precisa, documentata ed efficace.