Luca Ventura*, Mariano De Vito*, Francesca Ciocca*, Gino Fornaciari**

*Anatomia ed Istologia Patologica, Ospedale San Salvatore, ASL 4 L’Aquila;
** Divisione di Paleopatologia, Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina, Università degli Studi di Pisa.

Nonostante le marcate alterazioni postmortali, gli organi interni risultano spesso ben conservati nelle mummie naturali. Con ovvie limitazioni e con qualche attenzione particolare, l’analisi istologica di campioni mummificati può fornire utili informazioni sulle malattie dei nostri antenati.
Il fegato è fondamentalmente un organo epiteliale con un’impalcatura fibrovascolare. Dopo la morte, immediate alterazioni autolitiche cancellano rapidamente gli epatociti ma non lo “scheletro” fibroso dell’organo, che solitamente risulta preservato. Se la disposizione “architetturale” assunta in vita dalle cellule epiteliali risulta spesso distrutta, le condizioni patologiche caratterizzate da alterazioni del sistema fibroso portale possono rimanere riconoscibili. Per tal motivo, una diagnosi di epatite negli organi mummificati non può essere effettuata, mentre le differenti forme di cirrosi possono essere identificate in maniera affidabile.
Nella serie di mummie naturali di Goriano Valli (L’Aquila, Italia centrale), appartenute ad individui vissuti nel XIX secolo, è stato possibile identificare residui di fegato in tutti i 5 individui esaminati, pur nell’impossibilità di evidenziare in essi tracce significative di patologie.
In particolare, il fegato mummificato di una donna dell’età antropologica di anni 50+3, non presentava alcun segno istologico di malattia ma mostrava in maniera sorprendente di conoscere le regole dell’Espressionismo ben prima di Pablo Picasso. In particolare, l’aspetto microscopico suggeriva un volto dipinto con tratti rapidi e nervosi, richiamando alla memoria i lavori di Egon Schiele (1890-1918), figura chiave della “Secessione Viennese”. I suoi lavori, principalmente ritratti di enorme intensità psicologica, mostrano una visione assai tormentata della vita e trasmettono uno strano ed affascinante senso di turbamento.
La paleoistopatologia non soltanto è in grado di mostrare le caratteristiche morfologiche dei tessuti antichi ed evidenziare tracce di malattie, ma offre talvolta spunti interessanti persino nel campo delle arti figurative.

figura 1
Figura 2
Figura 1
Quadro istologico del fegato appartenuto alla mummia naturale GVSG 03. Marcata degenerazione cellulare con residue strutture fibrovascolari, con aspetti simili ad un ritratto “espressionista” (Ematossilina-eosina, ingrandimento iniziale: 40x).

Figura 2
Egon Schiele-Autoritratto, 1912

Bibliografia

1. Aufderheide AC. The scientific study of mummies. Cambridge University Press, 2003.
2. Ciranni R, Fornaciari G. Juvenile cirrhosis in a 16th century Italian mummy. Current technologies in pathology and ancient human tissues. Virchows Arch 2004; 445: 647-650.
3. Ciranni R, Fornaciari A, Fornaciari G. Cangrande della Scala (1291-1329): a rare case of natural mummification in the Italian Middle Ages. Paleopathol Newsl 2004; 126: 5-8.
4. Ventura L, De Vito M, Ciocca F, Fornaciari G. Images in pathology. An “expressionist” portrait of mummy liver. Int J Surg Pathol 2006; 14: 228.