Antonio Fornaciari – Agata Lunardini
Divisione di Paleopatologia
Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina
Università di Pisa – Scuola Medica, Via Roma 57, 56126 Pisa
Abstract: This article describes the paleopathological study of human osteological remains of a mature man, identified with the bishop of Alghero Eliseo Giordano (1820-1906), discovered in the presbyteral crypt of the Alghero’s cathedral (Sassari).
The body, lying in supine position on the floor of the crypt, showed the remains of the ecclesiastic clothes, but it was almost completely reduced to a skeleton. The macroscopic and radiological examination revealed a typical case of DISH (Diffuse Idiopathic Skeletal Hyperostosis), a rheumatic disease affecting the spine, in the middle-aged and elderly people, mostly in males.
Key Words: Alghero, Osteoarcheologia, Paleopatologia, DISH.
Alghero, Osteoarcheology, Paleopathology, DISH.
1. Premessa
Nel febbraio 2001 è stata effettuata la ricognizione degli ambienti sepolcrali sotterranei della chiesa cattedrale di Alghero, dedicata alla B. V. Maria. L’indagine, svolta dall’équipe di antropologi diretta dal dott. Grant J. Mullen, si inserisce nel progetto di esplorazioni archeologiche del centro storico di Alghero, diretto dal prof. Marco Milanese, Docente di Archeologia Medievale e di Metodologia della Ricerca Archeologica presso le Università di Pisa e Sassari. All’interno della cripta presbiterale, che contiene le tombe murate dei vescovi e dei canonici della cattedrale, è stato rinvenuto, sul pavimento di fronte all’ingresso, il corpo di un individuo di sesso maschile, di età matura, adagiato su alcune tavole di legno che, da fonte orale, è risultato appartenere ad Eliseo Giordano (1820-1906), vescovo di Alghero dal 1883 al 1906. Il corpo, in deposizione secondaria, fu trasferito nella cripta negli anni ‘50 a seguito dello smantellamento del cimitero comunale di Alghero (Mullen 2001). Nei giorni 29 e 30 gennaio 2002 ha avuto luogo l’indagine paleopatologica in situ dei resti scheletrici del vescovo. In quell’occasione è stata effettuata la campionatura dei pochi resti organici (cute e capelli), per l’indagine istologica, e dei segmenti scheletrici patologici, per sottoporli ad esame radiologico.
2. Indagine macroscopica
L’indagine macroscopica dei resti scheletrici del vescovo, attribuibili ad un individuo di sesso maschile, di statura elevata, deceduto in età senile (Ubelaker 1978), ha rivelato la presenza di un grave spondiloartropatia.
Nella regione cervicale, infatti, sono presenti due estese apposizioni ossee: la prima è localizzata nella faccia anteriore destra dei corpi della V e della VI vertebra e presenta un’ evidente frattura postmortale, la seconda è localizzata nella faccia anteriore sinistra dei corpi della VI e della VII vertebra. Nella regione toracica è osservabile un’ apposizione ossea, nella parte anteriore sinistra dei corpi della V e della VI vertebra, mentre una voluminosa colata ossea continua è localizzata nella parte anteriore destra dei corpi dalla VI all’XI vertebra. Tra l’VIII e la IX vertebra toracica è evidente la fusione dei processi spinosi. Nella XII vertebra toracica si osservano, inoltre, due apposizioni ossee bilaterali “a fiamma di candela” nella faccia anteriore del corpo vertebrale. Nella regione lombare si osservano tre apposizioni ossee “a fiamma di candela”: la prima è localizzata nella faccia anteriore sinistra del corpo della I vertebra, la seconda è localizzata nella faccia anteriore destra del corpo della II vertebra e la terza è localizzata nella faccia anteriore destra del corpo della IV vertebra. Tra la IV e la V vertebra lombare si osserva infine una protrusione nella faccia anteriore sinistra dei corpi vertebrali. Gli spazi intervertebrali di tutto il rachide sono mantenuti.
3. Indagine radiologica
L’indagine radiologica del rachide ha rilevato le anomalie sopra descritte risultanti nel tipico aspetto “a colata di candela” della colonna. In particolare, la proiezione antero-posteriore, ha evidenziato una colata ossea molto più pronunciata sul lato destro rispetto al sinistro.
4. Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale ha lo scopo di confrontare questa patologia con altre affezioni vertebrali, a carattere sistemico, che tendono ad interessare tutta la colonna:
– L’artrosi (od osteofitosi) vertebrale è una malattia tipica dell’età avanzata nella quale la degenerazione del disco intervertebrale comporta un avvicinamento delle vertebre con formazione di osteofiti reattivi che, negli stadi avanzati, assumono il caratteristico aspetto “a becco di pappagallo”. Qualsiasi porzione della colonna può essere interessata da osteofitosi, anche se la regione toracica bassa e quella lombare sono quelle più frequentemente coinvolte.
– La spondilite anchilosante è una malattia che generalmente si manifesta in individui giovani tra i 15 e i 35 anni. Essa è caratterizzata dai sindesmofiti: sottili ponti ossei ad andamento verticale generati dall’ossificazione del legamento comune anteriore, che danno alla colonna vertebrale il caratteristico aspetto “a canna di bambù”. La fusione dell’articolazione sacro-iliaca è patognomonica.
– La DISH (Diffuse Idiopathic Skeletal Hyperostosis) o malattia di Forestier è una patologia scheletrica di tipo reumatico, ad eziologia sconosciuta, tipica dell’età avanzata e che colpisce prevalentemente individui di sesso maschile. Associata spesso ad obesità, e a diabete manifesto o latente, essa è caratterizzata da calcificazione ed ossificazione del legamento longitudinale anteriore. Nella colonna toracica la malattia si presenta, nella faccia anteriore destra dei corpi vertebrali, con una vistosa colata ossea detta “a colata di candela”; il lato sinistro non è coinvolto che marginalmente, a causa della presenza dell’aorta. Nella regione cervicale e lombare, invece, le apposizioni ossee non hanno carattere continuo, ma si presentano come voluminose formazioni con caratteri intermedi tra sindesmofiti ed osteofiti; in particolare a livello lombare esse assumono l’aspetto “a fiamma di candela”. I dischi intervertebrali non sono interessati dalla malattia.
5. Aspetti storici della patologia
La DISH (Diffuse Idiopathic Skeletal Hyperostosis) o Malattia di Forestier è stata tipizzata, nel 1950, da Forestier e Rotes-Querol, i quali studiarono, in maniera sistematica, le caratteristiche morfologiche della patologia e la definirono come “iperostosi senile anchilosante”. Più tardi gli stessi studiosi utilizzarono il termine di “iperostosi vertebrale anchilosante”, ma essi notarono che la malattia coinvolgeva non soltanto la spina, ma anche diverse articolazioni periferiche nonché i legamenti perivertebrali e periarticolari. Per questo motivo altri studiosi hanno suggerito diverse definizioni tra le quali è stata riconosciuta come la più opportuna quella proposta, nel 1975, da Resnick, Shaul & Robins: DISH, Diffuse Idiopathic Skeletal Hyperostosis. La prima diagnosi di DISH, in paleopatologia, risale al 1978, quando le caratteristiche tipiche della patologia vennero riscontrate, da Lagier & Baud, su uno scheletro macerato. I primi studi di carattere paleoepidemiologico della malattia sono stati effettuati da Rogers et al., nel 1981, su scheletri sassoni inglesi di epoca medievale. E’ significativo, inoltre, il ritrovamento, nel 1990, di un caso di DISH sui resti neandertaliani di Shanidar 1, descritto da Crubezy (Crubezy & Trinkaus 1990). Per venire all’età moderna si ricorda la diagnosi di DISH sui resti mummificati del Principe di Stigliano (1511-1576), effettuata, nel 1989, da Fornaciari et al. Recentemente due casi evidenti di DISH sono stati diagnosticati da Puchaly et al., nel 1996, su scheletri provenienti dal sito spagnolo di Sant Pere risalenti al XIXº-XXº secolo ( Aufderheide, 1998).
6. Conclusioni
In base alla diagnosi differenziale, l’affezione vertebrale, osservata nei resti scheletrici del vescovo Eliseo Giordano, si configura come un tipico caso di DISH (Diffuse Idiopathic Skeletal Hyperostosis) o Malattia di Forestier. Il soggetto presenta infatti le caratteristiche tipiche della patologia: l’età avanzata e la probabile obesità (suggerita dall’ampiezza delle vesti e dalla robustezza delle ossa). E’ probabile inoltre che l’individuo soffrisse in vita di una discreta iperglicemia diabetica compatibile con lo stile di vita di un alto prelato della fine dell’Ottocento. La mancanza di esercizio porta infatti alla corpulenza e a problemi di tipo coronarico. La malattia si configura come tipica delle popolazioni sedentarie mentre molto bassa è l’incidenza presso le popolazioni di cacciatori raccoglitori, come hanno dimostrato gli interessanti studi di Arriaza sulle popolazioni precolombiane del Nord e del Sud America ( Arriaza 1991).
Bibliografia
Arriaza B. 1991, The Search For Seronegative Spondyloarthropaties and Diffuse Idiopathic Skeletal Hyperostosis in Ancient South America, Dissertation at Arizona State University.
Aufderheide A.C. & Rodrìguez Martin C. 1998, The Cambridge Encyclopedia of Human Paleopatology, Cambridge University press, pp. 97-99.
Crubézy E. 1990, Diffuse Idiopathic Skeletal Hyperostosis: Diagnosis and importance in Paleopathology,” Journal of Paleopatology” ,3, Teramo, pp. 107-118.
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Ubelaker D.H. 1978, Human Skeletal Remains Excavation, Analysis, Interpretation, Washington D.C.
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