di Gino Fornaciari e Raffaella Bianucci

Straordinari risultati di una ricerca sui resti del granduca di Toscana: la presenza di Plasmodium falciparum (l’agente della malaria perniciosa) conferma le fonti secondo cui Francesco de’ Medici morì di febbre malarica e manda in soffitta la lunga storia dell’avvelenamento

L’ipotesi dell’avvelenamento da arsenico di Francesco I de’ Medici (Firenze 1541 – Poggio a Caiano 1587) e della moglie Bianca Cappello da parte del fratello Ferdinando, cardinale e suo successore al Granducato di Toscana, è stata riproposta tempo fa in un articolo scientifico (Mari F. e coll., The mysterious death of Francesco I de’ Medici and Bianca Cappello: an arsenic murder? «British Medicai Journal, 2006, n. 333), ripreso trionfalmente dai media, e successivamente in ben due vo­lumi a carattere divulgativo (Ma­ri E, Bertol E., Polettini A., La mor­te di Francesco I de’ Medici e della sua sposa Bianca Cappello, Le lette­re, Firenze 2007; Ferri M., Lippi D., I Medici. La dinastia dei misteri, Giunti, Firenze 2007). Del pro­blema si occupò anche Archeologia Viva con un’ampia inchiesta (Be­cattini M., Francesco e Bianca: arse­nico e vecchi merletti, AV n.123). In sintesi, i tossicologi Francesco Ma­ri, Elisabetta Berto!, 1}ldo Poletti­ni e la storica della medicina Do­natella Lippi hanno sostenuto di avere le prove dell’ avvelenamento. L’ipotesi era basata su analisi con­dotte su alcune formazioni pilife­re ritrovate sull’ osso mascellare di Francesco I (i cui resti sono stati riesumati nel 2004 da Gino For­naciari nell’ambito del "Progetto Medici") e su due campioni bio­logici rinvenuti all’interno di un sacello pavimentale della chiesa di S. Maria a Buonistallo, parroc­chiale della villa medicea di Pog­gio a Caiano (Po), dove – secon­do un documento di archivio – fu­rono portati dopo l’autopsia i va­si con le viscere di Francesco I e Bianca Cappello (ricordiamo qui che il corpo di Francesco fu se­polto nella basilica di San Loren­zo a Firenze, mentre il cadavere di Bianca non è mai stato ritrovato). I reperti biologici di Buonistallo, interpretati come frammenti di fegato umano appartenenti a in­dividui di sesso opposto, sono stati attribuiti ai due coniugi an­che grazie alla presenza, nella crip­ta, di frammenti ceramici e di due crocifissi bronzei ritenuti tardo­cinquecenteschi (ma risultati poi del Settecento e dell’Ottocento).

PROGETIO MEDICI I resti del granduca di Toscana Francesco I come sono apparsi nel 2004 alla riapertura della cassetta di zinco recuperata dalla cripta della cappella dei Prindpl In S. Lorenzo a Firenze nell’ambito del “Progetto Medici”. Le ossa dello scheletro, completamente scamificate, vi erano state deposte nel 1955 dagli antropologi Gaetano Pleraccini e Giuseppe Genna al termine della riesumazione da loro effettuata.

POGGIO A CAlANO. La villa medicea di Poggio a Calano rappresentata in tutto il suo splendore rinascimentale in una lunetta dipinta da Justus Utens (1599). Francesco I fu colto da febbre malarica dopo una battuta di caccia nel circondario della sua fastosa residenza dove erano presenti risale e cquitrini. (Firenze, Museo Firenze com’era)

Azzardata dimostrazione di un delitto.
Una prima conside­razione a proposito di questi fortunosi ritrovamenti nella chiesa di S. Maria a Buonistallo è che la cripta, dove nei secoli sono stati collocati centinaia di corpi, non è stata scavata con tecniche ar­cheologiche; inoltre – come di­chiarano gli Autori dello studio ­il recupero dei frammenti di vasi e del materiale organico fu effet­tuato direttamente dai muratori… Ciononostante, gli stessi Autori hanno sostenuto che l’ipotesi dell’avvelenamento poteva essere non solo plausibile, ma anche dimo­strabile. L’analisi chimica ha in­fatti rivelato la presenza, in que­sti resti, di arsenico in dosi tossi­che; al tempo stesso i ricercatori fiorentini affermano – senza pe­raltro rendere nota né la metodologia né i dati molecolari ottenu­ti – che il DNA di uno dei due campioni organici sarebbe compatibile con quello delle formazioni pilifere ritrovate in corrispondenza del mascellare di Francesco I, nella cassetta di zinco dove le ossa del granduca erano state rideposte nel 1955 al termine dello studio antropologico effettuato da Gaetano Pieraccini e Giuseppe Genna. È un dato di fatto però che nella cassetta di zinco di Francesco I, riaperta nel 2004, non c’era traccia di materiali organici, né di cute né di barba, ma solo resti dei tessili che avvolgevano le ossa, peraltro accuratamente ripulite dagli antropologi degli anni Cinquanta per effettuare lo studio antropologico e per ricavare un calco in gesso del cranio del granduca. Quindi appare assai plausibile che il DNA ritrovato – e confrontato con quello dei resti organici della chiesa di Buonistallo non sia il DNA originale di Francesco l, ma sia dovuto – come succede spesso in laboratori non dedicati allo studio del DNA antico – a inquinamento da DNA moderno. Quanto alla presenza di arsenico, era consuetudine dopo l’autopsia trattare i visceri asportati con composti arsenicali, per favorirne la conservazione. In conclusione, già al momento della pubblicazione del lavoro sull’avvelenamento di Francesco I e Bianca Cappello permanevano forti dubbi sull’attendibilità dei risultati (Fornaciari G., The mystery of beard hairs, British Medical Journal, 2006, n. 333).

L’agonia dei granduchi.
La documentazione lasciataci dai medici di corte Pietro Cappelli, Giulio Cini e Baccio Baldini (gli archiatri che assistettero Francesco I) riporta il decorso della malattia. Nei giorni 6, 7 e 8 ottobre 1587 il granduca si strapazzò moltissimo andando a caccia nella tenuta circostante la sua villa di Poggio a Caiano, un’area agricola coltivata a risaia, ambiente malarico per eccellenza. La sera dell’8 Francesco si sentì male: febbre violenta accompagnata da vomito incoercibile, seguiti da insonnia e irrequietezza. La febbre persistette tutto il giorno 9 innalzandosi verso sera. Il 10 i medici diagnosticano una febbre malarica terzana, pertanto Francesco viene sottoposto a un primo salasso. Nella notte tra il 10 e l’11 il granduca si sentì meglio e riprese le sue attività. Il 12, 13 e 14 ottobre Francesco fu nuovamente in preda a violenti brividi causati da febbre elevata, cui si accompagnò un’intensa sudorazione per tutta la notte. Le sue condizioni migliorarono leggermente il giorno dopo. Il 16 e 17 ottobre il granduca si aggravò: ancora febbre alta, sudorazione profusa, vomito incoercibile, secchezza delle fauci, stitichezza e irrequietezza crescente. Miglioramento il 18 e gli vengono praticati due salassi. La mattina del 19 ottobre Francesco I si confessò e dettò le ultime volontà; nel pomeriggio la febbre s’innalzò di nuovo, accompagnata da grande irrequietezza, cui seguirono una forte astenia e la perdita di coscienza due ore prima della morte. Correva l’anno 1587 e Francesco aveva 46 anni. Quasi in contemporanea si era ammalata anche Bianca Cappello e i medici di corte, seppur in modo meno dettagliato, ne descrivono la malattia come molto simile a quella del coniuge: la stessa notte del 9 ottobre la granduchessa si sentì male, colta da un violentissimo attacco di febbre, e da allora fu febbrile con una sintomatologia uguale a quella del marito. Morì il 20 ottobre 1587 a 39 anni.

LA PROVA Riconoscimento Immunologico della malaria da Plasmodium falciparium nel tessuto osseo di Franceso I de’ Medici. Da sinistra verso destra si osservano: la posltività (rappresentata dalla barra orizzontale Inferiore) alla proteina di tipo 2 ricca di istidlna di P. falciparium In un campione di sangue di malarico contemporaneo, la netta posltività di Francesco I [MED11] e la negatività della sua prima moglie Giovanna d’Austria [MED8] nonché quella di un controllo negativo di epoca medievale (Briançon, Francia). Gli esami sono stati effettuati presso il Laboratorio di Parassitologia e Malattie parassiarie, Facoltà di Medicina veterinaria, Università di Torino.

 

Malaria o avvelenamento? Attenti ai sintomi.
I tossicologi fiorentini hanno sostenuto che la sintomatologia manifestata da Francesco I (vomito incoercibile, secchezza delle fauci, dolori e bruciori di stomaco, continua irrequietezza, ingrossamento del fegato, lesioni polmonari ed edema diffuso) è tipica dell’ avvelenamento da arsenico e ben diversa da quella dell’infezione malarica. A questo proposito è opportuno sottolineare che, nelle popolazioni dei paesi dove la malaria persiste in forma endemica, l’insieme dei sintomi riferiti per la malattia di Francesco I è invece tipico della febbre malarica da Plasmodium falciparum. Infatti, uno degli apparati maggiormente colpiti durante l’attacco malarico acuto è proprio quello gastro-intestinale. Il vomito incoercibile, sempre accompagnato da stato febbrile, è il sintomo principale, solitamente con una frequenza elevata all’insorgere della malattia. La conseguente perdita di liquidi e di elettroliti causa una disidratazione accompagnata da secchezza delle fauci e conduce, infine, al collasso cardio-circolatorio. La malaria acuta, accompagnata o meno dalla sintomatologia gastro-enterica, include anche edema polmonare nonché disturbi di tipo neurologico quali agitazione, turbe del comportamento e perdita di coscienza. Ebbene, l’ingestione orale di triossido di arsenico in elevate concentrazioni è certamente associata a sintomi gastro-intestinali (dolori gastritici acuti, salivazione abbondante, vomito, secchezza delle fauci, sete, difficoltà di parola, diarrea, tenesmo) e neurologici (convulsioni, turbe del comportamento, coma), ma attenzione: non è mai accompagnata da febbre. A parte il vomito incoercibile e la sete inestinguibile, Francesco I nella sua agonia durata undici giorni non manifestò nessun altro sintomo riconducibile ad avvelenamento acuto da arsenico.

Referti medici e voci di popolo.
Su richiesta del cardinale Ferdinando, i corpi di Francesco e Bianca furono sottoposti a esame autoptico e i medici confermarono che una forma perniciosa di malaria (terzana maligna) era stata la causa dell’improvviso e simultaneo decesso della coppia granducale. Tuttavia, subito dopo la morte dei due, cominciarono a diffondersi voci insistenti secondo cui Ferdinando avrebbe assassinato fratello e cognata con l’arsenico. Ma non mancarono altre versioni dell’accaduto. Addirittura si disse che Bianca avrebbe preparato una torta avvelenata da offrire al cognato Ferdinando: per sbaglio ne assaggiò anche Francesco e la donna, disperata, ne mangiò lei stessa per non sopravvivere al suo amato.

Fu il Plasmodium falcipamm il “killer” del granduca.
Recentemente, nel Laboratorio di Parassitologia della Facoltà di Medicina veterinaria dell’Università di Torino, estratti di campioni di osso spugnoso di Francesco I sono stati sottoposti ad analisi, per verificare la presenza di due proteine tipiche del Plasmodium falciparum, la proteina di tipo 2 ricca in istidina (P.f. HRP-2) e la lattato deidrogenasi (pLDH), usando due metodi qualitativi di determinazione tramite anticorpi a elevata sensibilità: il Malaria Antigen RAPYDTEST® e il MalariaDetect™ RAPYDTEST® (DiaSys, Connecticut, USA). Quest’ultimo test viene utilizzato per la diagnosi differenziale fra il P. falciparum e le altre tre specie di Plasmodium (P. vivax, P. ovale e P. malariae). I risultati hanno accertato la presenza della proteina di tipo 2 ricca in istidina di Plasmodium falciparum e della lattato deidrogenasi di P. falciparum non solo nel tessuto osseo spugnoso di Francesco I de’ Medici [MED11], ma anche in quello di altri tre membri della famiglia Medici, cioè il cardinale Giovanni [MED3], don Garzia [MED4] e la loro madre Eleonora di Toledo [MED5], deceduti per “febbre terzana” nel 1562 dopo un viaggio nella Maremma grossetana (Bianucci R. e coll., Immunological Identification of Plasmodium falciparum and Leishmania infantum in the skeletal remains of the Medici family, in Atti del XVIII congresso dell’Associazione Antropologica Italiana, Firenze, 1-4 ottobre 2009). Il Detect™ RAPYDTEST® non ha evidenziato la presenza d’infezioni non-falciparum o miste. Invece i campioni ossei di Cosimo I [MED6], deceduto per polmonite, e di Giovanna d’Austria [MED8], mona di parto, utilizzati come controllo interno, e due campioni esterni di controllo, di epoca medievale, provenienti da aree non malariche della Francia e della Germania, sono risultati negativi per l’infezione malarica.

Quattro secoli di falsità.
La teoria dell’avvelenamento da arsenico di Francesco I e Bianca Cappello ha suscitato un dibattito che dura da oltre quattro secoli. Due anni orsono, come abbiamo visto, lo studio effettuato dal professor Francesco Mari e colleghi aveva rilanciato !’ipotesi. I risultati della ricerca attuale, fornendo la prova sicura della presenza di proteine di Plasmodium falciparum nei resti scheletrici di Francesco I, confermano invece le fonti storiche, secondo le quali il granduca morì di malaria acuta. Ora la teoria dell’avvelenamento dovrà essere ricollocata fra le tante leggende che hanno circondato la dinastia granducale dei Medici, mentre il cardinale Ferdinando viene assolto da un’accusa infamante.

IL PERSONAGGIO. Francesco I de’ Medici non ancora trentenne in un ritratto (1567-70 circa) di Mirabello Cavalori al Museo Stibbert di Firenze. Ora è certo che 11 granduca morì di febbre malarica a 46 anni. Sul fratello Ferdinando, interessato alla successione al trono del Granducato di Toscana, caddero pesanti sospetti di aveme causato la morte per avvelenamento. (Foto Museo Stibbert, M. Becattini)

BEN CONSERVATO DOPO TRE SECOLI
Il corpo di Francesco I ritratto in un acquerello di Giuseppe Moricci al momento della prima esumazione del granduca nel 1857-58. L’ottimo stato di conservazione, dovuto semplicemente a buone condizioni microdimatiche, andò invece a sostegno della tesi dell’ avvelenamento da arsenico. (Foto Sopr. Polo Mus. Fior.)

IL VERO KILLER La zanzara Anopheles, la sola capace di trasmettere all’uomo il Plasmodium falciparum, genere di protozoo agente della forma maligna di malaria. Campioni di osso .spugnoso prelevati dallo scheletro di Francesco I sono risultati positivi alle proteine tipiche del P. falciparum.

L’AUTORE Il professor Gino Fornaciari in un laboratorio della Divisione di Paleopatologia presso la Facoltà di Medicina all’Università di Pisa.

 
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