Il corpo di San Giacomo prima dello studio.

Nei giorni 1-3 novembre 2008, nel Convento Francescano di Santa Maria delle Grazie in Monteprandone (AP), il corpo di San Giacomo della Marca è stato studiato da un’équipe della Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa guidata dal prof. Gino Fornaciari e costituita dal dr. Luca Ventura, dal dr. Antonio Fornaciari e dal tecnico Marcello Gambini.
La Ricognizione Canonica del corpo, disposta da Mons. Gervasio Gestori, Vescovo di San Benedetto del Tronto, si è resa necessaria al fine di verificarne lo stato di conservazione e di sostituire l’urna.
Sin dall’epoca della morte il corpo era stato conservato presso la Chiesa di Santa Maria La Nova in Napoli, per essere traslato nella Chiesa del Convento di Monteprandone nel 2001.
La precedente ricognizione era stata effettuata a Napoli nel 1968 dal Prof. Lambertini, anatomico, ed aveva già proposto l’ipotesi che si trattasse di un corpo imbalsamato.
L’esame macroscopico ha permesso di confermare che si tratta di una mummia artificiale. Infatti, il corpo era stato eviscerato attraverso una incisione addominale mediana xifo-pubica e, particolare non evidenziato nelle ricognizioni precedenti, mediante craniotomia circolare posteriore, al fine di estrarre il contenuto encefalico. Successivamente le cavità toracica ed addominale furono riempite con ovatta di lana. Entrambe le incisioni furono poi suturate con punti ad asola.
Si tratta di un procedimento di conservazione dei corpi ampiamente utilizzato in epoca rinascimentale per i personaggi di rango elevato, quali Re, Principi ed, appunto, Santi e in particolare presso la Corte Aragonese di Napoli, dove il Santo morì.
Il rilievo di vistose pieghe della cute addominale anteriore e di un solco trasversale, verosimilmente causato da una cintura, suggerisce la presenza, al momento del decesso, di un versamento ascitico addominale, fenomeno confermato anche dalla presenza di un vistoso rigonfiamento del tratto distale delle gambe e delle caviglie per la presenza di edemi malleolari.
Di particolare interesse è risultata una piccola neoformazione verrucosa cutanea a livello toracico anteriore che, al pari di altri campioni prelevati dalla mummia, sarà tipizzata in laboratorio.
Lo studio paleobotanico e chimico dei materiali di sutura e di riempimento, unitamente agli esami istologici, consentiranno di ottenere ulteriori informazioni circa le malattie e le modalità di conservazione del corpo.
Dal punto di vista antropologico, il Santo è risultato un uomo di età certamente superiore ai 70 anni (morì infatti alla veneranda età di 83 anni), della statura di circa metri 1,65, longilineo ma vigoroso.
L’esame TAC del corpo, effettuato presso l’Ospedale di San Benedetto del Tronto dal dr. Mario Tafuro, ha confermato la natura artificiale del corpo mummificato ed ha permesso di stabilire che la craniotomia era stata ottenuta tramite sega chirurgica da osso. Dal punto di vista paleopatologico è risultata un’artrosi funzionale diffusa di grado medio a carico in particolare della colonna e delle articolazioni dell’anca e del ginocchio, che dimostra una notevole attività fisica. Anche il pilastro femorale pronunciato depone per una intensa attività deambulatoria.
Tali reperti risultano in accordo con le notizie biografiche, che evidenziano l’instancabile attività di San Giacomo come predicatore e diplomatico. Le sue doti oratorie, perfezionate dagli insegnamenti di San Bernardino da Siena, lo resero uno dei pilastri dell’Osservanza Francescana (insieme al santo senese ed a San Giovanni da Capestrano), nonché un valente collaboratore di vari Pontefici, dai quali fu nominato inquisitore per la Bosnia, l’Austria e l’Ungheria ed incaricato di numerose missioni nei paesi balcanici.

 

 

L’urna con il corpo di San Giacomo della Marca all’inizio della ricognizione.

 

La commissione, con al centro il vescovo di San Benedetto del Tronto, Mons. Gervasio Gestori.

 

 

Il corpo di San Giacomo durante la TAC.